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“Chi è libero di testa lotta meglio” – intervista a Luca Anacoreta (Brazilian Jiu-Jitsu)

“Chi è libero di testa lotta meglio” – intervista a Luca Anacoreta (Brazilian Jiu-Jitsu)


Lo scorso sabato 8 e domenica 9 giugno, nella cornice del grandioso Mandela Forum di Firenze, si è svolta l’ottava edizione del Campionato Italiano Open di Brazilian Jiu Jitsu. 

Il più importante torneo di “BJJ” del nostro paese ha visto protagonista Luca Anacoreta della scuola Aeterna Jiu Jitsu di Roma.

Anacoreta, classe 1989, è uno dei primi lottatori italiani ad aver raggiunto i massimi livelli in questo sport, in particolare nel circuito internazionale brasiliano Jiu Jitsu Federation (IBJJF), dove ha conquistato importanti medaglie in tornei come l’European Open (Gi e No-Gi), London Open, Madrid Open e numerosi altri.

A Firenze Anacoreta si è aggiudicato la medaglia d’oro cintura nera categoria adulto assoluto contro il moldavo Eldar “Yakuza” Rafigaev e la medaglia d’oro categoria adulto peso medio massimo contro il rumeno Adrian Croitoru. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista.


Ciao Luca, come hai cominciato a praticare il brazilian jiu jitsu?

Ho cominciato grazie a mio fratello. Nel 2006 era andato in Brasile a Praia de Pipa: lui faceva kickboxe ma là aveva trovato solo una palestra di brazilian jiu jitsu e i ragazzi del posto lo avevano invitato a fare una prova. Subito dopo l’allenamento mi telefonò dal Brasile, tipo quando qui era l’una di notte, e mi disse: “Luca quando torno a Roma dobbiamo fare assolutamente questo sport: è fighissimo!” Detto fatto: appena tornato in Italia, siamo andati a cercare una palestra a Roma. A quei tempi facevamo anche 30-40 km in macchina per andare a allenarci. Da lì è sbocciato l’amore per il jiu jitsu.

Cosa ti piaceva di questo sport?

All’inizio io e mio fratello giocavamo alla playstation a un videogame di arti marziali miste, l’UFC. Mi piaceva l’idea della finalizzazione, il fatto che un lottatore di corporatura piccola può battere uno di corporatura più grande, e mi son detto “perchè non provarlo?”. Però devo dire che secondo me questa passione può capirla solo chi lotta, chi lo pratica per un po’ di tempo. Perché da fuori, per un esterno, può non apparire così divertente.

Avevi un sogno fin dall’ inizio?

All’inizio il mio sogno era fare MMA, Arti Marziali Miste, ma in realtà dopo pochissimo tempo si è trasformato nel diventare un campione di jiu jitsu e aprire una palestra. Il mondiale è la mia massima aspirazione e ancora non l’ho vinto però sono riuscito ad aprire la mia palestra [la “Aeterna Jiu Jitsu” di Roma, ndr]: ho tirato fuori un sogno dal cassetto e vuol dire tanto. Oggi vivo di questo, per cui sono soddisfattissimo.

Quali sono secondo te le caratteristiche fisiche per riuscire nel brazilian jiu jitsu?

…Fisiche? Secondo me servono più doti mentali che fisiche…

La domanda sulle doti mentali sarebbe stata la prossima…

Ah ok, da un punto di vista fisico è fondamentale ripetere, ripetere, ripetere… soprattutto se una persona non è coordinatissima. Ci sono tanti tipi di persone: ognuno è diverso. C’è quello coordinato che vede una tecnica una volta e la sa rifare subito, c’è quello che non la deve nemmeno vedere e gli viene spontanea e quello che invece la può provare anche un milione di volte ma non gli entra in testa. Quindi dipende tutto dagli automatismi.

Invece a livello mentale?

A livello mentale tanta roba… infatti in bocca al lupo a voi psicologi dello sport! Io sono anche insegnante e alzo le mani quando ho un allievo che soffre tantissimo la gara oppure si blocca o magari inventa scuse per non lottare, pensando di dover dimostrare qualcosa a qualcuno. Quando uno è libero di testa riesce sicuramente a lottare meglio.

Quindi dai molta importanza alla gestione dello stress pre-gara, dello stress da combattimento…

A me personalmente questo tipo di stress piace tantissimo: io lo adoro. Oggi c’era una pressione allucinante e a me questo tipo di stress piace in maniera incredibile. Ovviamente prima della lotta la odio, non mi piace, ma dopo… tutte le volte che entro nel palazzetto, mi dico, “ma chi me l’ha fatto fare?” questo è un pensiero che hanno tutti, sono sicuro, ma poi…

Questa capacità di gestire lo stress la hai per natura o la hai allenate in qualche modo?

Nella vita sono una persona abbastanza ansiosa, a Roma si dice “sei ansiolitico” anche se poi è un medicinale per l’ansia… perché? Perché penso sempre a mille cose, sembro sempre molto stressato, in realtà mi piace organizzare tutte le cose sempre per bene.

Quindi segui delle routine?

Sicuramente sì, mi sveglio, caffè, porto fuori il cane, palestra, torno, riposo, mangio, palestra, riposo, palestra: faccio sempre le stesse cose.

E per le gare?

La prima cosa che faccio appena entro, anche se non è carino da dire, è andare al bagno: è una cosa che pochi dicono, ma in realtà tutti abbiamo paura, tutti ci cachiamo addosso.

Prima dei combattimenti il corpo vuole liberarsi perché in questo modo in caso di ferite ha meno possibilità di contrarre infezioni. C’è anche chi vomita…

Eh già, però io quello fortunatamente no. Ma quando entro nel palazzetto so che devo andare in bagno… non è una routine, ma è una sorta di tradizione.

E’ il corpo che si prepara…

Esatto, anzi se non ci vado mi preoccupo perché significa che non sento abbastanza pressione quindi c’è qualcosa che non va.

Quali sono le figure che ti hanno dato una mano maggiormente nel tuo percorso?

Mio fratello in primis, poi diciamo ho la fortuna di avere un grandissimo team e molti team anche sparsi per l’Italia, non affiliati a me, che mi vogliono bene. Oggi ho il supporto di tutto il palazzetto: tutti vogliono vedere Davide prevalere su Golia diciamo.

Hai mai collaborato con uno psicologo dello sport?

Personalmente no però mi ricordo che a San Diego, in America, io arrivavo in palestra alle 8:30 e proprio a quell’ora terminava la preparazione mentale di un gruppo di lottatori. A tenere questi incontri c’era uno psicologo e tra gli atleti c’erano anche due campioni che conoscono tutti i praticanti di jiu jitzu: JT Torres e Andre Galvao. Non voglio dire che in America stanno avanti, ma in Italia siamo un po’ chiusi quindi non ci facciamo aiutare mentalmente… ma ci arriveremo anche noi!

Ultima domanda: c’è una gara che ti è rimasta particolarmente nel cuore perché è stata la gara perfetta, la gara magica?

La gara che mi è rimasta più impressa non è stata perfetta. E’ stata il mondiale: dopo 7 lotte ho perso la finale, per decisione arbitrale, cioè la decisione l’hanno dovuta prendere terze persone, non c’era il tabellone che diceva Tizio ha vinto…non c’era una finalizzazione che diceva Caio ha vinto. Diciamo quella è la sconfitta, ma allo stesso tempo è stata una vittoria, perché fare 7 lotte in un’ora e mezzo, 2 ore, è veramente deleterio a livello fisico e mentale. Non so se esagero ma devo dire che sono stato malissimo per tre mesi, sia fisicamente che mentalmente. Ho passato tutta l’estate a casa. A un orario specifico, tipo alle 3 di notte mi svegliavo e pensavo di aver vinto quella finale. Non uscivo di casa, stavo malissimo, poi fortunatamente ho superato la cosa: ho avuto l’opportunità di vincere l’Europeo, quella finale non la volevo perdere.

Bene, grazie Luca!

Grazie a voi!



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