92019Apr
“La convinzione di essere forte” – Intervista a Salvatore Sanzo

“La convinzione di essere forte” – Intervista a Salvatore Sanzo


Salvatore Sanzo detto “Toti”, classe ’75, è stato uno degli schermidori italiani più forti di sempre. Nell’arco della sua carriera ha vinto decine di medaglie olimpiche e mondiali, contribuendo ad alimentare la gloriosa  tradizione della scherma italiana.

Guerriero nell’anima, Salvatore Sanzo ci tiene a sottolineare che delle tre armi, la sua era il fioretto: l’arma più praticata e più tradizionale tra le quelle utilizzate. Ci si aggiudica un punto per stoccata quando, rispettando una precisa tattica, si effettua un’azione vincente nei confronti dell’avversario. 

E’ uno sport di nervi, di reattività e strategia come nessun altro. 

Attualmente Segretario Generale della Federazione Italiana Canoa-Kayak e Presidente del CONI Toscana. Abbiamo deciso di rubargli qualche minuto per conoscere meglio gli aspetti mentali che hanno contribuito ai suoi successi.

 
Ciao Toti, come hai iniziato a praticare il tuo sport?

Ho iniziato casualmente, tramite un amico. Inizialmente volevo giocare a calcio, ma ero troppo piccolo e quindi sono partito dalla scherma. Dal giorno in cui sono entrato in palestra, non ne sono più uscito. Mi piaceva il fatto di dover trovare la chiave per entrare nello schema mentale e tecnico dell’avversario. Anticipare i suoi movimenti o portarlo a fare ciò che io volevo facesse in un dato momento scelto da me.

Avevi un sogno fin dall’inizio, oppure lo hai maturato nel tempo? 

L’ho maturato nel tempo. Il sogno era vincere le Olimpiadi  Individuali. Ma solo perché non ci sono riuscito.

Quali sono le caratteristiche mentali per far bene il tuo sport? 

La convinzione di essere forte. Di essere superiore all’avversario.  Di non aver paura o, come diceva un mio amico, di averne meno degli altri.

Queste caratteristiche le possedevi di natura oppure le hai allenate? 

Ho una forza mentale di natura, che però a volte è stata anche la mia debolezza. A volte mi faccio prendere dalla rabbia e gestisco male alcune situazioni. Mi succede anche nella vita lavorativa e so di sbagliare, ne sono consapevole. Dopo aver finito la carriera sportiva sono migliorato  molto. Probabilmente dipende dall’età e dal fatto di avere 3 figli e quindi di essere maturato.

Avevi delle strategie mentali consapevoli da atleta?

Avevo dei riti, tipo i fioretti messi in un certo modo, le magliette in sequenza per ogni incontro della giornata, i calzini da gara. Lo
confesso adesso che ho smesso, perché in attività sarebbero stati segreti.

Da un punto di vista mentale quali sono stati i tuoi punti di forza? 

Come dicevo prima: quello di salire in pedana ed essere convinto di battere l’avversario. Lui lo sentiva, a volte questa mia “prepotenza”  schermistica condizionava anche l’arbitro. L’altra forza, secondo me, consiste nel fatto che quando perdevo io, attribuivo la causa della mia sconfitta sempre a errori miei e mai a meriti dell’avversario o a sviste dell’arbitro. Non ho mai riconosciuto la forza di chi mi stava di fronte, tranne che in pochi casi.

Si potrebbe parlare di tremenda fiducia nei tuoi mezzi o, per usare un “termine tecnico”, di elevata autoefficacia? 

Esatto!

Quali sono le figure che ti hanno aiutato maggiormente nel tuo percorso? 

La mia famiglia principalmente che mi ha sempre spronato, supportato, accompagnato alle gare e agli allenamenti quotidiani e poi al mio  Maestro di scherma che mi ha insegnato tutto, ha imparato con me, è cresciuto con me e soprattutto mi ha sopportato: le mie bizze da atleta viziato.

Hai mai collaborato con uno psicologo dello sport? 

Mai. Per mia volontà, lo ammetto.

C’è una gara che ti è rimasta particolarmente nel cuore?

Sì, due. Il campionato del Mondo U20 e il secondo mondiale individuale assoluto: per ora in Italia nessuno ci è mai arrivato. Per
me ha rappresentato una conferma di essere tra i migliori.

Per quale obiettivo stai lavorando adesso? 

Per imparare e crescere nel mio lavoro.  Studiare, aggiornarmi sulle procedure, regolamenti, norme di vario genere applicate al mondo della canoa. Sono ambizioso e questa esperienza è molto formativa.

 

QUALCHE RIFLESSIONE…

Salvatore Sanzo si è dimostrato un atleta eccezionale, dotato delle qualità mentali del campione. Da sempre la psicologia dello sport studia i meccanismi mentali dei grandi atleti per tradurli in tecniche adatte a tutti, facciamo un focus su tre aspetti chiave del successo del nostro fiorettista: l’Autoefficacia, il Locus of Control e la Motivazione.

“LA CONVINZIONE DI ESSERE FORTE”

“Toti” mostra una forte fiducia in sé stesso che gli da sicurezza e forza di fronte a qualsiasi avversario. Sanzo ne parla come se fosse una sorta di potere magico fissato nel suo DNA, ma si tratta di un meccanismo mentale ampiamente studiato dalla psicologia.  L’idea che una persona ha del proprio valore e della propria capacità di riuscire va a influenzare l’ambizione, l’energia, la scelta degli obiettivi e la grinta nel raggiungerli. Di solito tutti gli esseri umani hanno la tendenza naturale a stimarsi “al ribasso”: nel campo sportivo il ruolo dello psicologo consiste proprio nell’aiutare l’atleta ad allineare l’idea che ha di se stesso e le sue reali potenzialità. Quando manca questo equilibrio, le predisposizioni e l’allenamento non possono esprimersi al 100%; quando invece si raggiunge questo equilibrio, non solo l’atleta riesce a dare il meglio di sé, ma prova anche il desiderio di diventare più bravo.

LA CAUSA DEGLI EVENTI

Salvatore ci ha raccontato che quando vinceva attribuiva tutto il merito alle sue capacità, mentre quando perdeva considerava la sconfitta come l’effetto dei suoi errori. In altre parole l’atleta Sanzo in tutte le occasioni considerava se stesso come la prima causa degli eventi.

Sembra un qualcosa di curioso eppure ci riporta a un aspetto psicologico importantissimo, che fa da spartiacque tra la mentalità del dilettante e quella del campione. Infatti in tutti gli sport il dilettante tende ad attribuire la vittoria o la sconfitta alla fortuna, alla giornata si/no oppure alle qualità dell’avversario.  Invece i campioni, agli atleti che vogliono realizzare grandi obiettivi, si assumono la responsabilità degli eventi. Questo mindset da una parte li porta a vivere le esperienze in modo più intenso e coinvolgente, dall’altra alimenta la spinta a dare il massimo, nella certezza che l’impegno personale porta sempre risultati.

MOTIVAZIONE

Nel suo approccio agonistico Salvatore Sanzo è animato da una  spinta al successo forte e decisa.

La motivazione, fenomeno ampiamente studiato in psicologia e non solo, è definita come l’insieme dei fattori che muovono il comportamento di un individuo verso una certa meta; è quell’amica che fa apparire come divertenti anche gli enormi sacrifici che lo sport inevitabilmente comporta.

Dalle parole di Sanzo, traspare chiara la sua determinazione: lui voleva battere il suo avversario prepotentemente.

Spesso per varie circostanze vari la motivazione può vacillare; risulta importantissimo richiamarla a gran voce e accenderla nell’anima dell’atleta, per far sì che tutta la preparazione poggi su un sentire motivato e solido, ben direzionato su obiettivi chiari. 



Stefania Cicali



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